mercoledì 18 novembre 2009


Tra poche ore inizierà a camminare con le proprie gambe. Finalmente libero e liberato.
Sembrerà strano ma parliamo di un film: La prima linea di Renato De Maria. Come si dice in questi casi, sarà il pubblico a giudicarlo. Purtroppo al di là dell'aspetto cinematografico. Che è passato, passa e passerà in secondo piano. Paradossalmente un bene per un film che, formalmente, non vola certo alto. Ma che invece si laurea a pieni voti sul contenuto. (S)contentando tutti. In primis Sergio Segio autore di quel Miccia corta da cui, liberamente (troppo secondo colui che fu "il comandante Sirio", tra i fondatori di Prima Linea, l'organizzazione armata di estrema sinistra attiva negli anni Settanta), il regista ha tratto il film. Mentre per i sei membri della Commissione per la cinematografia del Mibac (Rosaria Marchese, Antonio Ferraro, Enrico Magrelli, Francesco Gesualdi, Oscar Iarussi, Dario Viganò) si tratta di un "film che non lascia alcun dubbio sul giudizio che di fatto esprime e una rappresentazione senza eroi, né positivi né negativi, dove lo sguardo vuoto dei protagonisti esprime, con lucida freddezza, la solitudine dell’autoemarginazione". Più articolato, ma anche cinematograficamente più confuso, il pensiero di una vittima del terrorismo come Benedetta Tobagi che spiega perché La prima linea non sappia raccontare il terrorismo anche "per la mancanza dello sforzo di ricostruzione complessiva de La Banda Baader-Meinhof" (sic!).
Tre diverse letture, quelle appena citate, che rispecchiano i tre punti di vista, apparentemente inconciliabili, del carnefice, della vittima e dello Stato. Quest'ultimo ha avuto modo di condizionare la realizzazione del film perché il produttore Andrea Occhipinti ha richiesto un finanziamento alla Direzione generale per il cinema, generando così una delle più ridicole querelle degli ultimi anni. In sintesi: può lo Stato partecipare economicamente a un film che parla di terrorismo da un libro d'un terrorista? E i familiari delle vittime? La risposta, nell'anno domini 2009, è stata no. E tralasciamo l'iter burocratico impazzito e surreale che è culminato con due colpi di scena: un comunicato stampa quantomeno illogico del ministro Sandro Bondi (è un buon film ma non va finanziato...) e la conseguente rinuncia di Occhipinti ai soldi dello Stato che, comunque, gli ha riconosciuto "l'interesse culturale nazionale" e l'ha giudicato, attraverso la Commissione di revisione cinematografica, un film "per tutti".
E quindi ora "tutti" potranno giudicare e magari capire perché un film sulla banda di criminali di Prima Linea abbia generato tutte queste polemiche che non ricordiamo però, ad esempio, per "Romanzo criminale" sulla "Banda della Magliana".

Cos'hanno di diverso le due tipologie di criminali? L'ideologia. Che invece di essere un'aggravante è vista spesso come un'attenuante. Da capire, analizzare, interpretare e, infine, giustificare. Ed è questo che spaventa tutti: carnefici, vittime e Stato. Ma non gli spettatori. Perché La prima linea di Renato De Maria questo difetto almeno non ce l'ha.